Se non cambiasse mai nulla, non ci sarebbero le farfalle

01 Set 2019

  • di Milena Screm
  • /
  • Counseling

Settembre, mese che stimola iniziative e cambiamenti.

Cambiamento, mutamento, trasformazione …

Parole che aprono le porte di stanze a volte oscure, altre splendenti di luce.

Non perché tutti i cambiamenti siano di per sé oscuri o luminosi, ma per l’oscurità o il sole dello sguardo di colui che vive il cambiamento stesso.

Se questo stesso sguardo è posato sulla Natura, il cambiamento è palpabile e costante, basta porsi in osservazione con pazienza: è l’essenza stessa della vita che genera, partorisce, matura e distrugge la materia. Se non cambiasse mai nulla non ci sarebbero le farfalle… Neppure i fiori, le mele, gli alberi, le stagioni. Le persone. La vita.

Desidero cambiare! / Ho paura di cambiare … Chi non ha vissuto quest’ambivalenza? E’ esperienza comune. Nasce un’aspirazione, oppure una situazione si logora al punto di diventare insopportabile, è dentro si accende una luce: cambiare! Le sensazioni si muovono, l’eccitazione si diffonde e con lei il desiderio del nuovo; un’onda calda, un soffio piacevole e …, in genere, subito segue il mantello gelato della paura di esperienze necessarie per passare dalla comfort zone a nuovi territori inesplorati.

Di fronte ad un Cambiamento le persone passano attraverso differenti stati emotivi, che possono essere identificati e descritti in un modello, pur tenendo conto della unicità degli esseri umani che percepiscono la realtà in modo completamente diverso gli uni dagli altri. Lo psicologo e ricercatore svedese Claes Jansenn, ha ipotizzato un modello che mostra come un individuo, o un gruppo, passa attraverso differenti stati emotivi nei processi di cambiamento; questo modello può essere rappresentato con una linea curva in costante movimento:

  • Appagamento: sono soddisfatto, non ho motivazioni per cambiare > soddisfazione; questa è anche l’area della confort zone
  • Aspirazione: desidero un cambiamento, come novità o per superare stress > eccitazione
  • Confusione: desidero il cambiamento, ma non so come realizzarlo > insicurezza
  • Negazione: mi rifiuto di riconoscere ed accettare il cambiamento   > paura

 Ad ogni stato emotivo corrispondono dei comportamenti osservabili e facilmente identificabili; con ascolto di sé stessi è possibile esserne consapevoli e, quando opportuno, mettere in atto la strategia e le azioni più funzionali.

Il modello di Jansenn, oltre che uno strumento di consapevolezza personale, offre anche un punto di riferimento per chi lavora nelle “relazioni d’aiuto”, con i clienti in difficoltà sui propri cambiamenti.

Appagamento e aspirazione, in genere, non scatenano difficoltà; una possibile è il cadere nell’abitudine o nella pigrizia, quando si sta vivendo una fase di appagamento, rinchiudersi in una “comfort zone”.

La confusione può essere vissuta male, rende insicuri, disorienta, attiva timori e paure. Come tutti gli stati d’animo, non può essere eliminata; molto più funzionale accoglierla e attraversarla, poi che è un passaggio fisiologico che porta, con tempistiche determinate da Kayros – il tempo delle cose che si compiono perché mature -, al nuovo. In alcuni approcci, la confusione è chiamata anche l’anticamera del cambiamento: lo spazio interiore nel quale convivono elementi conosciuti ma obsoleti, e elementi nuovi e sconosciuti.

Se la paura, nella fase della confusione, è intensa e se l’io della persona non è sufficientemente maturo, ecco la negazione, il rifiuto di affrontare e di accettare il cambiamento in corso. In genere, le persone in questa fase esprimono una visione pessimistica, hanno perso fiducia e possono sentirsi svuotati e irritabili. Inutile dialogare cercando di razionalizzare, queste sono situazioni interiori dominate dalle emozioni, la ragione non è in grado di fornire strumenti che abbiano senso e funzione. Meglio stare in empatia, senza attaccare o colpevolizzare perché chi è in quella fase soffre.

Chiedere cosa preoccupa, offrire ascolto accogliente, rassicurare, rispecchiare, sono attitudini comunicative e relazionali che possono favorire la consapevolezza di ciò che sta accadendo. L’interlocutore si sente compreso e riconosciuto, si crea vicinanza e alleanza, uno spazio nel quale le risorse possono emergere e fiorire.

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