PERFETTAMENTE ... IMPERFETTI

20 Ago 2024

  • di Milena Screm
  • /
  • Counseling

INDICE:

  • I bisogni umani
  • Miti culturali o bias
  • Pensieri e emozioni
  • Altre direzioni possibili
  • Tools kit

 

I bisogni umani

Che cosa spinge le persone a essere perfezioniste?

Hai mai letto della “piramide dei bisogni” di Abraham Maslow? Probabile che tu abbia anche visto delle immagini.  E’ una rappresentazione semplice che consente di comprendere una parte complessa di una parte delle spinte interiori degli esseri umani, quelle forze che ci muovono, ci fanno cercare e agire. Nel caso dei bisogni è sottinteso un vuoto, una carenza, che sentiamo necessario colmare.

Sentirci riconosciuti, apprezzati, benvoluti: chi può definirsi del tutto impermeabile a questo bisogno? E’ umano e legittimo e nella teoria di Maslow ha uno spazio preciso.

Grazie all’Analisi Transazionali di Eric Berne possiamo poi comprendere anche come gli apprezzamenti abbiano la funzione di farci sentire OK, infonderci sicurezza.

Da non dimenticare, inoltre, che nella vita di ogni umano ci sono anche esperienze non solo di mancato riconoscimento, anche di critica o di messa in discussione.

Questo per quanto riguarda la relazione con le altre persone; è necessario ricordarci anche del dialogo interno, gli scambi comunicativi che avvengono tra noi e noi; anche lì c’è una ricerca di conferme e, come nella relazione gli altri, un fare i conti anche con parti giudicanti o severe.

Poi c’è la realtà: non è possibile avere competenza di tutto, quindi anche la persona più preparata si deve confrontare, a volte, con insicurezze e incapacità. 

 

Miti culturali

La psiche umana è ricca di estro creativo: per consentirci di fare slalom tra questi ostacoli ecco pronto il perfezionismo, la ricerca di raggiungere prestazioni a regola d’arte, indiscutibilmente perfette e, pertanto, garanzia anche di riconoscimento.

Strategie della mente.

Nella tua esperienza funzionano? Fanno ottenere tutto l’apprezzamento di cui abbiamo bisogno ed evitano di far sperimentare frustrazione, insicurezza e altre cose simili?

Possono anche stimolare sensazioni positive a breve termine, ma non sono una soluzione funzionale per i meccanismi della vita. Più frequente che su quelli non funzionino e, più facilmente, possano invece innescare altri meccanismi che alimentano tensioni interne stressanti, come:

l’incapacità di apprezzare ciò che si fa in modo autentico ed equo;

la tendenza a continuare a “alzare l’asticella”;

il bias della falsa superiorità.

 

Pensieri ed emozioni

Overthinking: pensare a qualcosa in modo ripetitivo e non funzionale, sprecando energia mentale.

Ne soffrono uomini e donne e, secondo quanto ha messo a fuoco la scienza, aumenta tanto più forte è la sensazione di non avere controllo su una situazione, o sulla vita in generale.

Secondo Anne Bogel  autrice di "Don't Overthink it", la tendenza al perfezionismo aumenta  il rischio di cadere nell’overthinking; la Bogel lo afferma dopo aver compiuto ricerche e aver fatto innumerevoli interviste per il suo libro.

Overthinking più perfezionismo, inoltre, possono generare  la "paralisi da analisi", uno stato in cui ci si fissa su tutte le possibili opzioni o esiti a tal punto da diventare incapaci di trovare una soluzione. Un vero paradosso: passare dalla ricerca della perfezione al senso di fallimento.

Nei suoi libri Brené Brown, assistente sociale americana che da oltre vent’anni svolge ricerche sul tema della vulnerabilità e della vergogna, comunica con chiarezza come la spinta sociale al perfezionismo e al mostrarsi forti, negando bisogni e fragilità, sia deleteria per l’equilibrio delle persone.  Le “maschere” che mostrano all’esterno qualche cosa che dentro di noi è diverso hanno un prezzo emotivo pesante, che attraversa l’ansia, passa dalla frustrazione, incontra l’insoddisfazione e la rabbia, può prendere la forma della tristezza, oppure trasformarsi in sofferenza.

Non è sulle emozioni provate che ha senso intervenire, quanto sui meccanismi che le originano; le emozioni sono risposte soggettive all'esperienza.. Riconoscere il malessere è un’opportunità per iniziare a considerare altre direzioni da seguire.   

 

Altre direzioni possibili

E’ il momento di una rivelazione sensazionale: non siamo perfetti, nessuno lo è. Ed è una splendida notizia.

Considerare questa realtà e accoglierla offre molti più vantaggi del perfezionismo, consente di poter investire le energie dissipate nel performare verso il meglio possibile, abbassa le occasioni di stress dovute al dialogo interiore e alle aspettative di riconoscimento dagli altri.

Accettare le proprie imperfezioni è più salutare che cercare di convincersi che non esistano o costruire strategie per compensare. Trattare noi stessi con comprensione, anziché con biasimo o disapprovazione, è un’alternativa che incoraggia e, soprattutto, che non stressa.

Una direzione alternativa a quella della ricerca del perfezionismo è investire sul conoscerci meglio, portare alla luce alcuni dei condizionamenti che ci portano a indossare una sorta di “maschera” ogni volta che neghiamo di sentirci insicuri. Cosi come anche una sola piccola luce nell’oscurità conforta, indica la via e impedisce che ci perdiamo, allo stesso modo il renderci conto ci consente di scegliere se continuare a reiterare gli stessi schemi o esplorare nuove attitudini. Accettare le nostre fragilità, riconoscerle senza giudicarle, ammettere la nostra umanità: un processo graduale, che richiede tempo, elaborazione, passaggi.

“Esiste un curioso paradosso: quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare”.

Carl Rasmus Rogers

 

Tools kit

Sviluppare consapevolezza di se, rinunciare ad alcune maschere, accettare le proprie fragilità, mettere in atto alcune nuove attitudini, gestire la mente e le emozioni e, al tempo stesso prenderci cura del migliorare in modo autentico: bastano meno di tre righe per descrivere un’esperienza che richiede tempo, impegno, energia e, a volte, anche un confronto costruttivo, il dialogo con qualcuno di competente che possa darci stimoli funzionali e feedback significativi.

Ci sono livelli e ampiezze diverse d’intervento. Un percorso di cambiamento che implichi l’inclusione di nuovi atteggiamenti consolidati è, appunto, un percorso, un’esperienza fatta di tempistiche, passaggi e dinamiche per le quali è necessario un riferimento. Un “kit di strumenti pratici”, sempre a portata di mano, da usare autonomamente, ha senso e funzione nella gestione delle situazioni quotidiane.

Una cassetta degli attrezzi piccola e leggera, ma che ha tutto quello che serve:

  • uno sguardo sincero su te stess@;
  • una mente aperta e flessibile;
  • un cuore appassionato;
  • piccole pause per ascoltarti;
  • mentre ti ascolti, fai respiri profondi.

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