Un articolo a quattro mani, tutte esperte, per esplorare aspetti simili e diversi del Coaching e del Counseling.
IL COACHING, Maria Vittoria De Gerolamo
La maggior parte delle persone tende a pensare che Coaching e Counseling siano la stessa cosa; ancor più di frequente, non sanno cosa siano.
Seppur simili, vi sono delle differenze sostanziali e, quale miglior occasione per chiarire le idee, gli ambiti di applicazione e di pertinenza, grazie a quest’articolo scritto a quattro mani con una professionista di Counseling che ha quarant’anni di esperienza?
Cercherò di chiarire le idee sul Coaching, la sua utilità, quando è nato, quali sono gli approcci e i benefici per il cliente; di seguito la Dott.ssa Milena Screm spiegherà cosa é il Counseling.
Inizio a descrivere il Coaching partendo dalla sua definizione ufficiale, fornita dall’ICF (International Coaching Federation) e da EMCC (European Mentoring & Coaching Council), le due più grandi associazioni internazionali riconosciute che raccolgono Coach e Mentor certificati, i cui membri s’impegnano a operare nella pratica professionale nel rispetto del codice etico e di un framework delle competenze, impegnandosi costantemente per un aggiornamento continuo nella propria professione, garantendo un servizio al cliente allo stato dell’arte e attuale.
ICF definisce il Coaching come una “partnership con i clienti che, mediante un processo creativo di stimoli, possa ispirarli a massimizzare il loro potenziale personale e professionale”.
EMCC definisce il Coaching come un “processo di supporto basato su una pratica collaborativa tra il coach e il coachee (cliente), che mira al raggiungimento dell'obiettivo del coachee”.
In entrambe le definizioni si pone l’accento sull’importanza di un rapporto paritario tra Coach e Coachee in cui il Coach stimola, attraverso delle domande aperte definite “potenti”, un processo di riflessione creativa durante il quale il Coachee mette in campo delle azioni concrete per muovere i primi passi, passi che contribuiranno al raggiungimento dei suoi obiettivi. Il Coach non suggerisce al Coachee cosa fare, bensì lo supporta e lo incoraggia a trovare da solo le soluzioni possibili, attraverso un processo di riflessione e consapevolezza interiore. Questo innesca nel Coachee/Cliente un riconoscimento delle proprie capacità e potenzialità con un aumento della propria autostima.
Gli incontri tra Coach e Coachee/Cliente sono sessioni di Coaching che possono essere svolte sia in presenza, sia on line. Possono essere one to one o a piccoli gruppi, questo dipende dal tipo di Coaching su cui il Coachee/Cliente vuole lavorare; é definito Life Coaching quando la richiesta riguarda l’approfondire un aspetto della sfera personale, Business Coaching quando invece la necessità è nella sfera lavorativa.
Nel Business Coaching si può lavorare con un piccolo gruppo di persone (Team Coaching) per mettere in campo delle azioni collaborative in cui si evidenziano le potenzialità degli appartenenti del team, per il raggiungimento di un obiettivo di lavoro comune. Nel Life Coaching si lavora, per esempio, per recuperare un aspetto motivazionale della propria vita personale.
Fondamento del Coaching è che le sessioni sono coperte dal vincolo della privacy e, tra Coach e Coachee/Cliente/i s’instaura un vincolo di confidenzialità e di fiducia reciproca in cui il rispetto della privacy è il primo passo fondamentale per iniziare una sessione di Coaching, vincolo di fiducia che è sancito anche dal codice etico ICF ed EMCC. La durata di una sessione di Coaching è mediamente di un’ora, in cui ci sarà una fase di apertura, una di approfondimento e una fase di chiusura. Tra una sessione e la successiva in un percorso di Coaching, solitamente si fanno passare 3/4 settimane per dare tempo al Coachee/Cliente di consolidare gli apprendimenti raggiunti e mettere in atto il proprio piano d’azione.
Tutti possono usufruire del Coaching, non c’è un vincolo di esclusiva: chiunque abbia la necessità o senta il bisogno di fare un percorso di conoscenza e di autoconsapevolezza interiore o si trovi davanti ad un obiettivo da voler raggiungere ma non sa da dove partire, può trovare aiuto e supporto con un Coach. Essendo un rapporto alla pari, il Coaching è efficace in tutti gli ambiti professionali, tra i quali quello sanitario, - nel quale io opero -. In questo campo il Coaching è sia a supporto dei pazienti sia dei professionisti sanitari: nei confronti del paziente, quest’ultimo assume un ruolo paritario con il Coach per riacquistare motivazione e fiducia in se stesso attraverso una maggior adesione al proprio percorso di cura. Il Coaching a supporto di medici, infermieri e coordinatori infermieristici è efficace per attuare interventi sul singolo e sul team, per aumentare la leadership e la collaborazione in equipe. Aspetti fondamentali del Coaching sono anche il grado di empatia e di ascolto che s’instaurano tra Coach e Coachee/Cliente, senza tralasciare l’aspetto emotivo e comunicativo che emerge durante la sessione di Coaching: le emozioni giocano un ruolo potente durante una sessione di Coaching e vanno gestite efficacemente sia da parte del Coach sia da parte del Coachee/Cliente.
Dov’è nato il Coaching? Chi è stato il suo fondatore?
La paternità del Coaching è di due illustri signori britannici, Sir John Withmore e di Timothy Gallwey.
Sir John Henry Douglas Whitmore (Grays, 16 ottobre 1937 – 28 aprile 2017) è stato un pilota automobilistico vincitore del BTCC nel 1961, con all'attivo cinque partecipazioni alla 24 ore di Le Mans. È conosciuto, insieme con Timothy Gallwey, come uno dei fondatori del Coaching. Ha studiato all'Eton College, alla Royal Military Academy Sandhurst e al Cirencester Agricultural College. Nel 1970 ha studiato all'Esalen Institute di Slates Hot Springs in California e in seguito, si è formato come Coach con l'altro fondatore del Coaching e allenatore di Tennis, Timothy Gallwey. Da questi ha appreso il metodo dell'Inner Game, importato in Gran Bretagna insieme a un team allenato da Gallwey. Entrambi si erano resi conto che il metodo poteva essere applicato al di fuori del mondo dello sport. Da questa intuizione è nato il cosiddetto Performance Coaching.
Intorno agli anni Ottanta ha fondato "Performance Consultants", definito il pioniere globale della creazione di leader e manager attraverso il Coaching, lo sviluppo della leadership e il miglioramento delle performance. Insieme ai colleghi, ha trascorso gran parte degli anni Ottanta a sviluppare metodi e tecniche per il miglioramento delle prestazioni e per l'ottimizzazione dell'apprendimento insieme al piacere di fare.
Sir John Whitmore è considerato il padre del Coaching aziendale ed è conosciuto per essere il creatore del Modello G.R.O.W., uno dei modelli di Coaching più famosi.
L’ opera più conosciuta di Sir John Withmore è "Coaching. Come risvegliare il potenziale umano nel lavoro, nello sport e nella vita di tutti i giorni", pubblicato per la prima volta nel 1992 e arrivato alla sua 5^ edizione. Nel testo Sir Withmore spiega, con esempi pratici e tramite dei dialoghi con i propri Coachee, i benefici del Coaching, soffermandosi su quelle che sono le macro-competenze del Coaching applicate attraverso domande potenti che il Coach formula e che hanno la caratteristica di evocare nel Coachee il processo di esplorazione e riflessione su di sé e sulle proprie potenzialità (consapevolezza e autoconsapevolezza) per passare poi all'azione e alla pianificazione di una strategia di cambiamento avente come finalità il raggiungimento dell'obiettivo prefissato dal Coachee (responsabilità) e dell'impegno consapevole che ci mette per raggiungerlo.
Nel libro sono inoltre affrontate tematiche fondamentali e sempre attuali, come la "Performance", la "Leadership", i bisogni, partendo da quelli fondamentali di Maslow, la "Motivazione" e in modo particolare tutto ciò che è il cuore del percorso di coaching e cioè l'obiettivo, lo stato desiderato del Coachee.
John Whitmore ha introdotto nel Coaching il Modello G.R.O.W, acrostico formato dalle parole Goals, Reality, Options, Will, in italiano Obiettivi, Realtà, Opzioni e Volontà.
Il modello di John Whitmore nel mondo del Coaching: viene utilizzato per definire gli obiettivi e migliorare le prestazioni del singolo o del team nei vari ambiti di questa disciplina.
Si parte dal "Goal" vale a dire l'individuazione degli obiettivi. Una volta stabiliti degli obiettivi che rispondano a certe caratteristiche (indicate dall'acronimo S.M.A.R.T.), si analizza la propria situazione, il qui e ora (Reality). Essere consapevoli del presente, delle possibilità come degli ostacoli interni ed esterni, permette di comprendere cosa è possibile fare, avendo chiari i propri punti di forza e le risorse che possono essere impiegate per realizzare il proprio obiettivo (Options). L'ultimo step, indicato dalla parola inglese Will, è il momento in cui i desideri sono convertiti in azioni, in cui si passa al fare.
Fondamento del Coaching quindi, è di lavorare sul presente e di proiettarsi sul futuro a breve e a medio termine, iniziando con piccoli “passi” decisi dal Coachee per attuare un cambiamento performante, migliorativo e di crescita personale, il cui risultato è un arricchimento vicendevole del/della Coachee e del Coach che ha supportato il/la cliente nel suo percorso di apprendimento.
"Creare consapevolezza e responsabilità è l’essenza di un buon coaching."
Sir John Withmore
Il COUNSELING, Milena Screm
Se sei un professionista di Counseling o se hai esperienza di quest’approccio, leggendo la presentazione del Coaching della Dottoressa Maria Vittoria De Girolamo probabilmente hai colto alcuni punti comuni tra Coaching e Counseling:
- Il focus sul tempo presente,
- L’iniziare definendo un obiettivo,
- Il rapporto paritario (non up/down),
- Il valore dell’empatia e l’importanza della gestione delle emozioni,
- La sviluppo dell’azione,
- L’impegno alla riservatezza.
Aspetti di modus operandi simili, agiti all’interno di un impianto teorico diverso e di una storia diversa, con conseguenti aspetti che sono altro e che determinano anche che fare un percorso di Counseling è fare un’esperienza diversa dal fare un percorso di Coaching.
Migliore? Peggiore?
Nulla di tutto questo, solo diversi.
Da non dimenticare un aspetto di fondamentale importanza: una cosa è il metodo, l’approccio, un’altra sono i professionisti e le persone; è nell’incontro tra le persone, oltre che nel metodo, che si genera l’alchimia che favorisce il successo del progetto. Gli esseri umani, nei loro diversi ruoli, competenze e bisogni, generano relazioni e comunicazioni finalizzate a uno scopo: rapporti d’amore/creare una famiglia/perpetuare la specie, relazioni professionali/fornire competenze/sviluppare progetti/creare opportunità. Questa è la prima caratteristica che contraddistingue il Counseling: lo scambio professionale avviene all’interno di un ambiente nel quale la cura degli aspetti che riguardano la qualità della comunicazione e della relazione tra Professionista e Cliente, è di fondamentale importanza e crea le fondamenta del percorso di Counseling.
Su queste basi, il Counselor professionista costruisce insieme al Cliente un’esperienza unica, tagliata su misura e “incorniciata” da attitudini come l’accoglienza, il non giudizio, l’ascolto profondo, l’empatia, la mediazione, l’autenticità.
Lo scopo è di creare poco alla volta un clima di relazione che favorisca l’emergere del principio attualizzante, una spinta al miglioramento e all’autorealizzazione insita negli esseri umani. Carl Rasmus Rogers (Oak Park, 08-01-1902/La Jolla, 04 -02-1987), psicoterapeuta americano padre del Counseling, considerava il principio attualizzante una sorta di forza naturale che si nutre di quegli aspetti che consentono alle relazioni tra le persone di fluire, scorrere, svilupparsi con arricchimento reciproco.
Perché una persona intraprende un percorso di Counseling?
Le motivazioni sono le più svariate, ma possono essere ricondotte tutte alle spinte che ogni essere umano percepisce in alcune situazioni e/o momenti della vita:
- Un bisogno interiore, un vuoto percepito;
- Un’aspirazione;
- Un desiderio;
- Un obiettivo.
Qualunque sia la spinta, non sempre il cliente ha la percezione di un problema o di una difficoltà; più frequente che la persona verbalizzi di sentirsi in crisi.
La rivoluzione portata dall’approccio alle “relazioni d’aiuto” messo a fuoco negli anni ’50 da Carl R.Rogers, sposta l’attenzione dal problema alla persona, alla sua unicità di esperienza, percezione, forze interiori. Il Counseling è quindi un percorso nel quale il professionista accompagna il Cliente, con le sue competenze e con le proprie qualità umane, alla scoperta di se stesso e del proprio mondo interiore, ascoltando e accogliendo senza giudizio, riformulando e verificando di aver compreso, mettendosi nei panni dell’altro, stimolando la riflessione con domande funzionali, rispecchiando qualità ignorate, valorizzando quello che la persona tende a dare per scontato di se, educando al contatto con il mondo emotivo oltre che di pensiero e alla sua gestione funzionale. Il tutto con una posizione umanamente paritaria, di vicinanza discreta e solida, competente e caratterizzata da calore, rispetto e un pizzico di leggerezza. Non si tratta quindi solo, da parte del professionista, di usare un metodo; piuttosto di sviluppare un’arte, quella di aiutare il cliente ad aiutarsi.
Un ambito, tra quelli possibili, nel quale il Counseling trova un suo spazio naturale di applicazione, sono le crisi che a volte alcune persone vivono nelle fasi di passaggio della Vita: nella migrazione dal mondo della scuola a quello del lavoro, nel perdere o cambiare lavoro, nel ricercare un equilibrio tra vita lavorativa e quella privata, nel metter su famiglia e/o avere dei figli, cambiare città/nazione, nella “mezza età”, nel pensionamento, nella menopausa.
Nel Counseling la parola crisi è considerata in primo luogo dal punto di vista del suo significato etimologico; è un vocabolo di origine greca: deriva da krino, che significa distinguere, separare il grano dalla pula. E’, infatti, un termine agricolo che, col passare del tempo, ha assunto altri significati, tra i quali krisis, scelta. Nel ‘900 s’iniziò a darle il senso di mutamento faticoso, fase critica, portando questa parola a una polarizzazione negativa.
Nel Counseling, una crisi è vista come un’esperienza nella quale la persona perde di vista le proprie risorse, si sente disorientata e, a volte, disarmata di fronte agli eventi che sta attraversando. Il lavoro del Counselor professionista è quindi quello di accompagnarla rassicurandola, fornendo strumenti di gestione delle difficoltà emotive, favorendo la riscoperta delle risorse e, anche, la scoperta di nuove qualità e attitudini; non fa tutto questo con atteggiamento da allenatore, piuttosto come essere umano sensibile e professionista competente.
Tutti questi elementi consentono di definire progressivamente le diversità tra Coaching e Counseling.
Spesso la persona che sceglie il Counseling è una persona di alta sensibilità: percepisce e vive la vita interiore, di pensiero e di sensazione, come ricca e sfaccettata; è dotata di un buon grado di capacità riflessiva e il mondo del sentire si attiva con facilità. Tutti questi fattori possono essere vissuti come risorse, oppure, in alcuni casi, possono essere anche fonte di fatica, specie nell’adattamento agli ambienti nei quali i cliché culturali “essere forti”, “non avere bisogni”, “non dimostrare vulnerabilità”, “vincere”, “performare”, siano dominanti.
Il percorso di Counseling si apre come esperienza di auto conoscenza e di consapevolezza; consente di sviluppare o di migliorare la capacità di guardare a se stessi e al mondo con sguardo aperto; favorisce uno spirito di apprezzamento e di valorizzazione, su una base di accoglienza anche delle difficoltà, apre la propria mindset ad attitudini di crescita; considera le crisi opportunità di miglioramento; favorisce l’emergere di risorse interiori, quelle uniche di ogni individuo; considera l’essere umano come parte rilevante di un disegno esistenziale nel quale tutto ha funzione e significato; offre strumenti pratici di auto aiuto; promuove autonomia.
Un percorso di Counseling si svolge attraverso incontri individuali della durata di cinquanta minuti/un’ora, durante i quali il Cliente può raccontarsi ed esprimere i propri vissuti e percepiti; il Professionista di Counselig ascolta, coglie parole e frasi significative e le rispecchia riformulando, sottolinea attitudini funzionali e invita, con domande focalizzate e/o tecniche specifiche, a esplorare il dialogo interiore. Per il Cliente ne deriva alleggerimento, chiarezza, focalizzazione, consapevolezza, una nuova direzione da seguire con il supporto di risorse e qualità. Un passo per volta, oltre la crisi, con apprendimento funzionale, esperienza che fa da “tesoretto” per il futuro.
Il percorso è breve, dieci o dodici appuntamenti; inizialmente la frequenza è di una volta la settimana e può essere portata a ogni due settimane procedendo. Completato il percorso e stabilita la soddisfazione del Cliente, si lascia del tempo per la sedimentazione e per far sì che la persona sviluppi autonomia. Nulla vieta un incontro follow up, quando necessario; o un ciclo più breve d’incontri su un’altra necessità percepita.
Poiché le competenze del Professionista di Counseling riguardano la Comunicazione e la Relazione, con abilità specifiche ulteriori derivate da modelli di Counseling quali la mediazione corporea, l’arte, la filosofia e altri, il Counseling può trovare applicazione efficace di molti ambiti, come per esempio:
- La genitorialità, per gestire la comunicazione con i figli;
- La famiglia, per il supporto nelle possibili situazioni di crisi;
- La scuola, per gestire le difficoltà dello studio e/o di rapporto studente/insegnante;
- Gli ambienti educativi, per gli utenti e il personale;
- La sanità, sia per dare supporto ai pazienti e ai loro familiari, sia per il personale medico e sanitario;
- Le aziende, nella prevenzione e gestione dello stress, per il clima dell’ufficio, per la gestione della comunicazione e relazione di un team di lavoro.
Il Counseling è, nella mia esperienza professionale e personale di quattro decenni, soprattutto un orientamento esistenziale, uno “sguardo” che pongo costantemente su me stessa, gli altri, il mondo. Attitudini e qualità che erano già in me e che sono potute fiorire e svilupparsi in modo integrato: ciò che io faccio e sono come professionista corrisponde al mio percepito e agito come persona. Non solo una professione, piuttosto una vocazione e una passione, un fremito che dal cuore percorre il sistema nervoso intero e si manifesta nelle parole ascoltate e pronunciate, nelle immagini condivise, nei silenzi densi di significato, nella soddisfazione di sapere che un’altra persona può fare il proprio cammino con maggiori risorse, strumenti e forze a disposizione e contribuire così a una parte di umanità migliore.