a-colpi-di-paroleNella vita di ogni giorno può accadere di assistere o di partecipare a situazioni di conflitto, nate a volte da incomprensioni, altre volte da atteggiamenti che innescano una catena di reazioni, verbali e non. Ecco quindi il peccato dell’ira manifestarsi nella comunicazione, con le sue bordate di energie intense e con lo strascico a posteriori del fibrillare del sangue nelle vene. Qual è il bene che non ha raggiunto il suo fine insito in quest’emozione?

Una parola di troppo, una frase pronunciata con un’enfasi particolare, un tono di voce aggressivo e può prendere il via un crescendo di stoccate verbali: un conflitto. Accade a tutti di assistervi ogni tanto o peggio, di prendervi parte. A volte è inevitabile, qualcuno lo cerca proprio, Sgarbi sembra goderne.

Se le parole sono uno degli strumenti che l’uomo ha per comunicare, quando diventano taglienti, quando sono pronunciate con rabbia, quando hanno l’energia di un ceffone, diventano strumenti di offesa. Suoni articolati che affondano le loro punte metaforiche sia nella morbidezza dell’orecchio sia in quella della pancia. Veri strumenti di belligeranza, in questi casi esprimono giudizi taglienti, manifestano emozioni aggressive e, a volte, intenzioni pericolose. Le sottolinea e spesso enfatizza naturalmente lo sguardo, la mimica facciale, la postura, la gestualità.

Prima di rivolgere l’attenzione al "cosa" fare, e al "come" gestire gli impulsi aggressivi, guardiamo il "perché" li proviamo.

La rabbia è una manifestazione aggressiva "primaria", che ha origine primitive e riguardanti l'istinto. Nel mondo animale scoprire i denti e ringhiare è un comportamento che segnala "Attenzione: sto per aggredire!" Le bestie lo fanno se si sentono in pericolo, quindi devono difendersi, e quando attaccano per sfamarsi; in entrambe i casi si tratta di sopravvivenza. L’essere umano è di certo più complesso e sofisticato ma anche lui, a volte, proprio come un’animale, può attaccare per difendersi, da un pericolo reale o immaginario. Spesso le persone diventano aggressive quando sentono che è stato varcato un confine: un’occhiata pesante, qualche parola secca, un tono “ringhioso” ed ecco che è stato mandato un chiaro messaggio, "Attento, stai esagerando e potresti pagarne le conseguenze!".

Ma esiste anche una rabbia che nasce da uno stato d’irritabilità sottostante e semipermanente; chi ne soffre va facilmente in reazione, anche per cose banali, soprattutto è insofferente. Spesso si tratta, in questi casi, di uno degli effetti causati da situazioni stressanti, nei quali lo stress, diventato distress ovvero situazione conclamata di tensione, innesca una catena di reazioni fisiologiche che alterano anche le condizioni chimiche dell’organismo. L’adrenalina – l’ormone del "sistema attacco/fuga" – è prodotto in dosi superiori al necessario (come pure un altro ormone, il cortisolo) e gli effetti collaterali di questo sovraccarico ormonale investe organi, sistemi fisiologici e umore; quest’ultimo diventa, appunto, irritabile e reattivo.
L’ira prodotta dallo stress è un segnale simile a una spia rossa sul cruscotto di un’auto di vecchia generazione: dice "Attenzione, c’è un malfunzionamento in atto, serve un controllo e dei provvedimenti ad hoc"; invita la persona a fermarsi, ascoltarsi e prendersi cura di sé. Le tecniche di rilassamento sono molto efficaci in questi casi; così come tutto quello che facilità il sonno di buona qualità e la distensione nervosa.

Se la radice non è lo stress ma un carattere "fiammifero", è opportuno che l’approccio di gestione segua varie direzioni. Il lavoro di consapevolezza delle emozioni è l’inizio. Che cosa sento? Dove lo sento? Cos’ho percepito? Che cosa ha mosso in me questa sensazione emotiva?
Porsi queste domande, sviluppare quest’ascolto di sé, potersi dare risposte, sono i primi passi da muovere sulla strada di una nuova educazione emotiva. La risorsa respiro, fisiologicamente naturalmente connesso alle emozioni, è il secondo strumento pratico da poter utilizzare; possiede una duplice potenzialità: favorisce l’ascolto dettagliato delle sensazioni e, al tempo stesso, consente d’intervenire fisiologicamente sulla reazione emotiva e di gestirla: il suggerimento "Conta fino a cinque prima di reagire" può essere trasformato anche in "Fai cinque respiri profondi prima di sbottare". Un terzo strumento da utilizzare, unito agli altri due, sono le pratiche finalizzate a scaricare tensioni accumulate, in modo tale da non accumulare nervosismo in ufficio e poi altro in famiglia. Sono efficaci sia attività semplici come l’attività fisica, sia esercizi specifici finalizzati a esprimere la rabbia come tale, non “contro” qualcuno. Da non sottovalutare inoltre l’uso della scrittura: depositare alla carta gli impulsi distruttivi alleggerisce quanto basta l’umore, quindi dà benessere, senza fare male a nessuno.

Che cosa fare quando un collega vomita la sua ira su di noi?
Come arginare il salire vulcanico della rabbia quando una persona riesce a farci imbestialire?
Quale atteggiamento scegliere in un alterco?

Non ci sono “ricette”.
Esistono strumenti e la possibilità di utilizzarli.
Con la chiarezza, a monte, che non sono gli altri a mettere delle emozioni dentro di noi ma che queste sono la nostra reazione a degli stimoli che abbiamo percepito.
Non possiamo cambiare gli altri, abbiamo invece il potere di conoscere e migliorare noi stessi.

 

 

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