di Dakshina Stefania Orsi, Psicologa e Professional Expert Counselor

Ricordo che ero in macchina. La radio trasmetteva uno di quei pezzi super romantici di Jovanotti,  quelli in cui descrive in toni rosa e oro la sua storia d’amore.

Mi ricordo di aver pensato “Che fortuna però incontrare nella vita una persona perfetta per te. Che fortuna hanno avuto tanti cantanti, scrittori, poeti ad aver incontrato la persona perfetta, con la quale abbandonarsi totalmente all’amore...”

E a quel punto il mio corso di pensieri è andato in tilt e ho compreso: non si tratta di trovare la persona giusta, ma di essere la persona giusta!

Di riuscire a passare attraverso timori, riserve, difese nel condividere se stessi con un altro essere umano. Riuscire a mettersi in relazione rimanendo aperti, vulnerabili, fiduciosi.

Avevo già imparato tempo prima che le nostre difese psichiche si attivano non solo per tenere a bada il dolore, ma anche l’amore. Sapevo già che la nostra soglia di tolleranza del piacere è spesso più bassa di quella del dolore… Ma solo in quel momento, su quella macchina, ho fatto 1+1.

E il riconoscere appieno i miei limiti è stato così shokkante da rimanere per sempre impresso nella mia memoria.

Ma allora, quali sono queste paure d’amare?

La letteratura psicologica ne prende in considerazione alcune, tra le quali:

  • essere rifiutati
  • essere abbandonati
  • non essere all’altezza
  • sentirsi falliti
  • non essere accettati o tenuti in considerazione
  • non essere amabili
  • essere controllati

Le possiamo ulteriormente raggruppare in due macro-categorie: la paura dell'abbandono e la paura di essere fagocitati.

Da un lato abbiamo paura che, se ci lasciamo totalmente andare all'amore, alla fine saremo abbandonati; il rovescio della medaglia, è la paura che se qualcuno si avvicina troppo, saremo inghiottiti o non saremo mai in grado di andarcene; in ogni caso, i nostri bisogni non saranno soddisfatti.

La paura dell'abbandono, al suo eccesso, può manifestarsi come una persistente sensazione di insicurezza, pensieri intrusivi, bassa autostima, dipendenza, fluttuazioni dell’umore, conflitti.

Entriamo in relazione per un naturale desiderio di condividere le nostre vite con un'altra persona, eppure, la paura dell'abbandono, del rifiuto, è la paura numero uno che le persone hanno nelle relazioni. Quando si scatenata, vergogna e senso di colpa seguono da vicino, destabilizzandoci ulteriormente. Non sentirsi amabili, non sentirsi all’altezza sono paure legate all’intimità, all’idea che "Nel momento in cui capirà come sono veramente, se ne andrà”.

E’ esattamente questo che rende difficile essere vulnerabili e aprirsi alle relazioni sentimentali. A volte crediamo che la miglior difesa sia non giocare proprio, o giocare poco.

All’estremo opposto, il timore di essere controllati e assorbiti dal partner, può portare all’insensibilità emotiva, al distacco, alla freddezza.

Per quanto si possa sinceramente desiderare una lunga storia d’amore, una parte di noi potrebbe temere che una tale relazione ci possa privare della libertà, limitando la nostra individualità, autonomia e spazio personale.

Accettare e accogliere i miei limiti, le mie paure e le mie responsabilità rispetto alla qualità delle mie storie d’amore non è stato né facile né indolore. Ma “crescere” mi appassiona e questo è stato il primo fondamentale passo verso una vita affettiva più piena e soddisfacente.

Il “lavoro su me stessa” mi ha insegnato che non posso più essere "abbandonata" con lo stesso terrore di quando ero bambina: sono una donna adulta e autonoma ora.

Non posso più essere rifiutata, poiché il valore della mia esistenza non dipende dalle opinioni degli altri.

Non posso più essere inghiottita o intrappolata, so dire di no, porre dei limiti e andare via se necessario.

Mi piace pensare che la magia dell’amore sia a mia disposizione ora, nel momento in cui scelgo di condividere me stessa senza riserve; che dipenda da me, da quanto sono capace di aprire il mio cuore, di avere fiducia e amare.

Non sarò mai romantica come Jovanotti, ma ho veramente imparato a dare io per prima ciò di cui ho bisogno.

 

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